Electronic Engineering

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Il bias, questo sconosciuto....

Se c’è una parola di cui si sente abusare in continuazione questa parola è “bias” , che in molte menti ha assunto ormai il ruolo di un mantra da ripetere in continuazione (come un mantra, appunto ) al preciso scopo di propiziare il sound “giusto” e al quale si attribuiscono valenza e importanza tali che potrebbe avere anche effetti sul riscaldamento globale e sulle missioni esplorative su Marte.

Peccato che la questione sia enormemente più semplice e soprattutto sia una questione quasi del tutto tecnica, poi, che abbia anche qualche effetto sul suono, questo è un altro paio di maniche. Giusto per capirci, la faccenda del bias riguarda solo le valvole finali, le valvole di preamplificazione funzionano con un bias fisso, detto a retroazione, che non rappresenta mai un problema, e sopratutto non si regola.

Prima di parlare di bias è meglio fare un po’ di luce su come funzionano le valvole , ovvero ad esempio che cosa serve quella lucina arancione che si illumina al loro interno e che fa tanto chic e che molti costruttori si affannano a mettere in bella vista. ( alcuni costruttori illuminano direttamente le valvole con lampadine o led strategicamente posizionati, tanto per essere assolutamente sicuri che l’utente sia assolutamente certo di avere un apparecchio con delle valvole al suo interno)

La lucina che vediamo è il filamento, simile a quello presente nella lampadine ad incandescenza, che invece che emettere molta luce , come le lampadine appunto, si riscalda fino a diventare incandescente e di conseguenza emette elettroni tramite il cilindretto che lo riveste (che si chiama catodo) dal quale spunta un po’, sia alla base che alla sommità della valvola  ( ecco spiegata la lucina )

Questi elettroni , che possiedono una carica negativa, vengono poi attirati dalla placca (detta anche anodo) che è alimentata da una tensione positiva alta, e quando dico alta dico da 100 V fino anche a 500 V ( ecco tra l’altro spiegato perché gli amplificatori a valvole sono MOLTO pericolosi ) ed ecco quindi che tra catodo e anodo scorre una corrente elettrica, fantastico.

Se tra questi due elettrodi ci mettiamo un terzo elettrodo che si chiama griglia e gli applichiamo un segnale audio, la corrente , che in assenza di segnale scorre comunque, varia in perfetto sincronismo con il segnale audio che la controlla e ci ritroviamo il segnale amplificato sulla placca.

 Ecco fatto uno stadio di amplificazione, che ricordiamo è stato inventato dal Sig. Lee De Forest nel 1907 o giù di li, al quale va tutta la mia gratitudine ( e non solo la mia )

Ora la cosa è un pelino più complicata, e la valvola, per amplificare correttamente il segnale audio ha bisogno di lavorare nella sua “regione” più lineare.

Spieghiamoci meglio: questo meccanismo di amplificazione non è proprio una retta, ovvero ti do 1 mi dai 5, ti do 2 mi dai 10, con 3 hai 15  e avanti, magari lo fosse.

 In realtà esiste una curva di amplificazione che è lineare solo in una certa parte ( e si chiama appunto “regione lineare" ) e il buon progettista deve fare in modo di far lavorare la valvola in quella regione.

Per fare ciò si regola la famosa corrente che scorre anche in assenza di segnale per fare in modo di portare il “punto di lavoro” a metà della regione lineare ; in questo modo il segnale audio potrà essere amplificato con la massima ampiezza possibile in maniera simmetrica sia per la semionda positiva che per quella negativa. ( teniamo presente che un segnale audio è un onda che varia da un valore massimo a un minimo con una frequenza e una forma d'onda che sono quelle del segnale )

Se infatti la valvola lavora più in basso del previsto amplificherà bene solo le semionde positive e male quelle negative, se lavora più in alto , lavora bene con quelle negative e male con quelle positive; inutile dire che amplificare in maniera asimmetrica  un segnale fa passare tutte le fantasie con i suoni puliti.

Ed ecco che arriviamo al bias: per regolare il punto di lavoro della valvola la soluzione consiste nell’applicare una tensione negativa alla griglia dove applichiamo il segnale audio (tensione continua e segnale audio convivono felicemente) che agisce da freno per la corrente che scorre tra anodo e catodo.

Ora, se regoliamo questa tensione con un trimmer (che è un potenziometro senza manopola e si trova normalmente all’interno dell’amplificatore) possiamo regolare la corrente che scorre nelle valvole e portarla al valore giusto. Wow.

Ora però una domanda scottante si fa avanti:  “ a quanto lo metto ?” e qui casca l’asino; come abbiamo visto prima , la faccenda del bias è una questione tecnica, da far regolare ad un tecnico con esperienza e strumentazione adatta quando si cambiano le valvole e stop.

Una volta per tutte, il bias NON E’ la regolazione segreta che cambia il carattere dell’amplificatore, NON E’ il mezzo per far suonare l'ampli XYZ come un ampli ZZZ o viceversa, certo, qualche diversità si potrebbe avvertire , già successo,  ma è quasi unicamente  una regolazione tecnica che va trattata come tale.

La regolazione si fa molto facilmente inserendo un amperometro con isolamento adeguato ( va benissimo un multimetro serio tipo Fluke, Metrix, HT e altri ugualmente seri,  oppure il buon vecchio ICE 680R, per carità non usate testerini cinesi da 10 euro che scoppiano con le tensioni alte ) sulla linea di alimentazione ad alta tensione, e regolando il trimmer fino a leggere il valore di corrente adeguato, oppure con uno di quegli aggeggi tipo “bias probe” che inseriti tra valvola e zoccolo permettono di leggere la corrente circolante in ogni valvola; l’idea è simpatica in quanto permetterebbe di controllare il bias senza aprire l’ampli, peccato che di solito il trimmer si trovi all’interno, e quindi l’ampli vada aperto ugualmente.

Salvo che il costruttore non abbia previsto qualche regolazione esterna più o meno protetta, o come nel caso ad esempio di Fender abbia previsto un coperchio dietro il quale si trovano le regolazioni del bias e gli appositi test-point nei quali inserire il multimetro, o ancora come nel caso di Ampeg, abbia dotato addirittura l'apparecchio di un ottimo sistema di visualizzazione del livello del bias, che permette anche all'utente finale di sostituire le valvole finali in tutta sicurezza ( ricordiamoci che le tensione all'interno di un amplificatore a valvole sono LETALI ) l'amplificatore va aperto, e il bias regolato con l'amplificatore acceso.

Molte volte è anche presente (Fender ad esempio) la comoda regolazione "tube balance " che permette, regolando in maniera contrapposta il bias fra le coppie di valvole finali, di compensare piccole differenza fra le valvole stesse, e di massimizzare l'erogazione di potenza con la minima distorsione (Fender per i suoni puliti la sa lunga, è noto) e si regola facilmente in quanto ci sono 3 test point chiaramente indicati sul pannello posteriore; con gli ampli vintage invece bisogna misurare dall'interno.

Un altro metodo interessante e molto definitivo in termini di risultato è quello di verificare  e bilanciare lo stadio finale a carico con un segnale sinusoidale. Ci vogliono però generatore di segnale, carico fittizio e oscilloscopio, oltre ad una certa esperienza

Per chi non disponga di amplificatore con le regolazioni e i test point esterni e voglia  e soprattutto abbia esperienza e cautele adatte all’alta tensione tali da cimentarsi, in media un quartetto di EL34 o 6L6 con il bias corretto deve assorbire da 100 a 120 mA con 420 – 450 Volt di alimentazione, che corrisponde alla media degli amplificatori ; al salire della tensione, è bene scarseggiare con la corrente, in modo da non superare la dissipazione massima.

Chiudiamo ora la parentesi tecnico costruttiva e torniamo alle prestazioni : abbiamo detto all’inizio che qualcosa nel suono cambia, ed è vero, anche se molto  meno di quanto ci si possa aspettare ( non per altro, molti ampli hanno il bias fisso, non regolabile e stop ) in quanto il sound di un amplificatore è la risultante di decine e decine di parametri, dei quali il bias è uno dei, non il parametro risolutivo e definitivo.

Ora vediamo che succede “smanettando “ il trimmer del bias :

Troppo basso = non succede niente di grave, ma le valvole tendono a lavorare nella regione non lineare di ”cutoff” e l’amplificatore suona poco e malino, arrivando persino quasi a non suonare più, se il bias è molto negativo.

Basso = idem come sopra, un po’ meglio

Corretto = si spiega da solo, condizioni di funzionamento ideali e ottimo compromesso tra potenza erogata e durata delle valvole ( la durata delle valvole è inversamente proporzionale alla corrente circolante )

Alto = niente di grave, l’amplificatore tende a suonare più saturo e per certi versi più “pronto”, che andrebbe benissimo, peccato che tra “alto” e “troppo alto” il passo è breve. A parte un consumo di valvole più alto della media e il probabile riscaldamento del trasformatore di uscita, siamo ancora nella norma.

Troppo alto = problemi in arrivo. Qui la questione può farsi seria; se il bias è di 50-60 o anche 80 o 100 mA per valvola, possiamo cominciare a vedere che la placca della valvola ( l’elettrodo più esterno) diventa incandescente a tratti o anche interamente e anche se l’amplificatore sembra funzionare, di solito lo fa per poco.

Come già anticipato all'inizio dell'articolo, le valvole finali infatti possiedono un dato costruttivo (che il fabbricanti indicano nelle note tecniche ) che si chiama "dissipazione massima " e che indica quanto calore può dissipare la valvola, calore che è direttamente dipendente dalla corrente circolante, ovvero a quanto regoliamo il bias; se esageriamo , tale valore viene superato e la valvola si surriscalda fino a diventare incandescente, come si diceva prima.

Le valvole surriscaldate tendono ad andare in cortocircuito e se non salta il fusibile dell’alta tensione poiché qualche genio ce lo ha messo da 5 A o magari da 10 A ( tutti casi visti ) invece che da 0.5 A per gli ampli da 50 W e 1 A per quelli da 100 W o semplicemente perché non c’è per scelta del costruttore ( ce ne sono tanti senza fusibile dell'alta tensione, più di quanti si pensi )  può bruciarsi  il trasformatore di uscita e danneggiarsi seriamente l’alimentazione ad alta tensione, con spese notevoli per la riparazione, sempre che convenga.

Occhio alla penna quindi, regolare il bias non è facile e soprattutto come abbiamo visto può portare a conseguenze spiacevoli, ancora più spiacevoli considerato il fatto che non è un generatore di miracoli sonori .

Ultima cosa : ci sono molti amplificatori con bias fisso, ma questo non vuol dire che va sempre bene con qualsiasi valvola, anzi...

In media, il costruttore fissa il valore del bias relativamente alle valvole finali che monta normalmente sull'ampli, che di solito compra selezionate in gran quantità dal costruttore delle stesse; non però  detto che tale valore vada bene per altre valvole, che  sono sicuramente diverse da quelle di primo equipaggiamento ( diverse, non meglio o peggio)  quindi meglio far sempre controllare da un tecnico, prevenire è meglio che curare, sopratutto quando i danni possono essere costosi.

Ancora una cosa : tutti gli amplificatori in classe A, a partire dal famosissimo VOX  AC 30, per arrivare alla maggior parte degli amplificatori con EL84 ( 6BQ5 per gli americani ) NON HANNO la regolazione del bias ; il funzionamento in classe A è simile a quello delle valvole preamplificatrici,  ed il bias è di fatto automatico, in quanto regolato dalla controreazione;  quando cambiate le valvole metteteci un quartetto o coppia di valvole di buona qualità e soprattutto selezionate (“ matched” ) e avanti con la musica.

 Non cercate il trimmer del bias, non c’è !