
Bi amp, Tri amp e altri mantra
Prima di tutto è necessario non fare confusioni : la bi amplificazione non è la stereofonia ( già sentita, giurin giuretta ) ma un pratico sistema per migliorare enormemente le prestazioni dei diffusori professionali, un po' come l'adozione dell'elettronica nelle moderne automobili, che ha permesso di ottimizzare in maniera impensabile una cosa antica come i motori a scoppio.
Ma come funzionano la bi amplificazione e la tri amplificazione ? e sopratutto, dove sono utili o inutili ? per capirlo, facciamo una distinzione tra gli utilizzi tipici dei diffusori acustici, che sono essenzialmente divisi in base al campo di utilizzo, e si possono quindi suddividere in alcune categorie :
- diffusori da hi-fi, ovvero il buon vecchio stereo di casa e le sue evoluzioni
- diffusori car stereo
- diffusori professionali
- diffusori per strumenti musicali
- diffusori vari ( radio, tv, citofoni, caselli dell'autostrada, giocattoli, insomma ci siamo capiti )
lasciando da parte i diffusori dell'ultima categoria, che sono semplici e perfettamente adatti all'uso previsto, ci possiamo concentrare sulle prime quattro categorie, dove la bi amplificazione la tri amplificazione apportano benefici importanti.
Facciamo un pò di storia : agli albori dell'audio, e quando dico albori parlo del 1920 - 1930 circa, un diffusore acustico era composto da un altoparlante "a larga banda", che tentava appunto con una banda più larga possibile, di riprodurre tutte le frequenze dello spettro audio, con difetti e pecche evidenti, ma quella era la tecnologia dell'epoca, l'unica disponibile, tra l'altro, e i pionieri dell'audio dell'epoca passavano i giorni e talvolta anche le notti a capire come migliorare le prestazioni; era arrivato il cinema sonoro, e bisognava fare il modo che le parole arrivassero anche al fondo della sala, tanto per fare un esempio.
Si scoprì che gli altoparlanti avevano il fastidioso difetto (chiamato"beaming") di diventare sempre più direzionali al salire della frequenza, quindi i suoni acuti potevano essere uditi solo dal pubblico che si trovava esattamente centrato all'altoparlante, mentre chi si trovava "fuori asse" percepiva solo suoni cupi o comunque poco chiari.
Scoperto che tale difetto dipendeva dal diametro dell'altoparlante, nacquero i primi tweeter, ovvero degli altoparlanti più piccoli , specializzati a dare il meglio sulle frequenze acute, al contrario dei loro fratelli di grande diametro, perfetti per le frequenze basse.
Dall'unione nel medesimo mobile di un altoparlante di grande diametro e di uno di piccolo diametro nacque il primo sistema "a due vie", e l'alta fedeltà arrivò. Ovviamente però bisognava dividere lo spettro audio in due parti, ovvero mandare all'altoparlante di grande diametro, che fu chiamato "woofer" , le frequenze basse e medio basse, e al "tweeter" le frequenze acute e medio acute, in quanto dovevano operare solo nella parte dello spettro audio dove potevano dare il meglio, altrimenti il gioco sarebbe finito ancor prima di iniziare.
Tanto per avere un idea di come alle volte nascano i nomi, "woof" significa "abbaiare" e "tweet" significa "cinguettare" e non si scrive "twitter" !
Questa funzione fu demandata al filtro "crossover" che consiste in un filtro passa basso e un filtro passa alto contenuti all'interno del diffusore, costituito da componenti elettronici passivi ( condensatori, induttori, resistenze ) in gradi di separare correttamente lo spettro audio in due parti.
Perfetto, ecco il primo diffusore passivo a due vie. Perfetto si, dato che ancora oggi il 99 % dei diffusori da hifi funziona con questa tecnologia, raffinata certo, con filtri crossover progettati in maniera eccellente e altoparlanti sempre più precisi e performanti, ma pur sempre lei.
Dalle due vie alle tre vie il passo fu breve, qualcuno ebbe la geniale idea di montare un terzo altoparlante nel mobile, di misura intermedia tra woofer e tweeter e di costruire un filtro crossover con una terza uscita, che dividesse lo spettro audio non più in due ma in tre parti, facendo si che il nuovo arrivato riproducesse solo le frequenze medie, regalando quindi un suono ancora più naturale e realistico, con gran goduria degli audiofili.
Inutile dire che il terzo altoparlante fu chiamato "midrange" , nomen omen, dicevano i latini, che la sapevano lunga in materia di citazioni.
Di pari passo cominciarono ad essere costruiti i primi impianti per la sonorizzazione professionale, nascevano le prime band , che allora si chiamavano "complessi", neanche fossero una patologia, e la necessità di amplificare i suoni fece nascere i diffusori professionali, che non erano altro che versioni più potenti ( e pesanti ) dei diffusori hifi.
Furono muniti di maniglie, angolari, staffe di montaggio e connettori rapidi, ma pur sempre mobili di legno con dentro degli altoparlanti e un filtro crossover, collegati ad amplificatori alle volte di dubbie caratteristiche sonore, ma quella era la tecnologia dell'epoca e siamo sopravissuti, quindi andava bene, o perlomeno benino, perché un diffusore a più vie con crossover passivo non è la soluzione più efficiente per un utilizzo professionale e neanche la meglio suonante. Vediamo perché .
Primo problema: se un buon woofer ha un efficienza media del 8 %, intesa come pressione acustica emessa contro potenza elettrica assorbita, un altrettanto buon tweeter, o meglio un tweeter a tromba, ha un efficienza media del 25 %, quindi per ottenere un buon bilanciamento timbrico bisogna attenuare la potenza del tweeter con resistenze di potenza, che eliminano in calore la potenza superflua. Non è una buona idea, facciamo tanto per costruire amplificatori potenti ed efficienti e poi sprechiamo la potenza in calore ?
Secondo problema: i filtri crossover per elevate potenze sono costosi ( se fatti con componenti adeguati ) ingombranti e sopratutto dissipano potenza e provocano rotazioni di fase, che non va bene, perche riducono il rendimento e alterano la risposta in frequenza del diffusore.
Terzo problema : qualsiasi, e dico qualsiasi amplificatore di potenza prima o poi arriva al "clipping" per dirla all'anglosassone, ovvero al limite fisico al quale non può più produrre altra potenza e comincia a "tosare" il segnale; se non è provvisto di appositi limitatori di potenza, e negli anni 60-70 di fatto non si pensava di metterle dentro ad un amplificatore, mentre tosa il segnale produce una grande quantità di armoniche ( dispari se a stato solido, pari se a valvole, lo abbiamo già visto in un altro articolo ) che ovviamente vanno ad intasare il tweeter, essendo di fatto frequenze acute, provocandone la rottura per sovraccarico.
Quarto problema: gli amplificatori di potenza intermodulano, che non è una malattia rara, ma è una caratteristica di qualsiasi amplificatore, bello e brutto che sia ne è affetto in modo più o meno evidente.
A farla breve, ogni amplificatore aggiunge delle armoniche che sono corrispondenti a somma e sottrazione delle frequenze del segnale applicato all'ingresso, e in qualche modo "colora" il suono originale e più ampio è lo spettro da amplificare, più elevate saranno le armoniche introdotte, questa è matematica; per lo stesso concetto, più stretto è lo spettro da amplificare , minori saranno le armoniche. Diventa quindi chiaro e limpido che usare un amplificatore solo per le frequenze basse che piloti solo il woofer e uno per le frequenze acute che piloti solo il tweeter è una miglioria decisamente evidente.
Se poi aggiungiamo il fatto che l'amplificazione delle frequenze basse "consuma" molta potenza rispetto alle acute, dobbiamo considerare che questi grandi assorbimenti di potenza necessari alla riproduzione dei bassi"modulano" , sottraendo potenza alla riproduzione di medi e acuti (qualcuno lo chiama "effetto pompa" ed è una definizione che trovo calzante) aggiungendo altre colorazioni.
Per questo motivo, il 99 % dei diffusori attivi da PA, da studio monitor, ed in generale attivi è bi amplificato, ovvero contiene al suo interno due amplificatori di potenza e un filtro crossover elettronico, le cui regolazioni di livello e frequenze di taglio sono fisse e stabilite in fase di progetto per il miglior risultato possibile.
Ovviamente anche i grandi impianti sono bi amplificati, quando non tri amplificati o quadri amplificati, e la differenza consiste generalmente nel fatto che i diffusori sono passivi, ovvero pilotati da amplificatori di potenza esterni, e che il crossover elettronico è un apparecchio a parte che pilota gli amplificatori di potenza, normalmente chiamato "speaker processor" in quanto oltre a fare il crossover permette di equalizzare, limitare la potenza emessa dagli amplificatori e cosa molto importante, di variare l'allineamento temporale fra le varie "vie" dell'impianto, che è molto importante per poter allineare correttamente le emissioni dei vari altoparlanti, operazione che viene svolta con un analizzatore di spettro e un microfono detto "di misura" ad ogni montaggio dell'impianto, e assolutamente prima del sound check.
Ora, che si stia parlando di un diffusore attivo da tavolo, di un grande impianto PA o di un sistema testata e cassa per basso elettrico, la faccenda non cambia, la bi amplificazione risolve un sacco di problemi e ottimizza i sistemi, come detto all'inizio per le centraline dei motori a scoppio delle nostre auto.
Riassumiamoli in breve :
- nessun spreco di potenza, l'amplificatore è della potenza adeguata all'altoparlante che pilota, quindi niente attenuatori e stufette varie...
- nessun crossover passivo, che vuol dire meno costi, meno spazio e sopratutto risposte lineari in termini di fase, che credetemi non è affatto poco.
- meno rotture di altoparlanti e prestazioni più elevate, i filtri crossover elettronici sono molto più selettivi ed intransigenti, si dice appunto che possiedono una "pendenza" (che in inglese si chiama"slope") più elevata rispetto ai passivi, il che aiuta a diminuire le rotture ai tweeter e l'effetto"beaming" dei woofer.
- distorsione da intermodulazione molto ridotta con il risultato di avere un suono diffuso sempre più simile all'originale, con molte meno colorazioni, benissimo direi.
Quindi bi amplificazione direi, lasciando fuori però il settore hifi, dove le potenze più basse e soprattutto le pressioni acustiche in gioco molto più basse di un concerto rock live permettono di ottenere risultati sopraffini con diffusori passivi e filtri crossover passivi, che sono però progettati in maniera molto più curata e costosa rispetto alla media dei diffusori passivi PA di fascia economica o media.
Lasciamo anche fuori i diffusori per chitarra, perché li una buona parte del suono la fa il cono a larga banda, e invece includiamo gli amplificatori da basso di alta potenza, che sono ormai quasi tutti bi amplificati; il basso elettrico è uno strumento di grandi dinamiche, sopratutto in certi generi, e poter bi amplificare un diffusore da 18" e un diffusore con due 10" e un tweeter fa la sua bella differenza, chiedetelo ai bassisti.
Giusto per chiudere: quei potentissimi impianti car stereo che sentiamo passare a bordo di automobili un pò vistose, sono TUTTI bi amplificati o tri o quadri, e il motivo a questo punto dell'articolo è ovvio ...
Alla prossima.